Ci ho messo un po’ a farmi venire la voglia di descrivere la gara nel dettaglio perché l’ho vissuta in modo così emozionale che mi sembrava di farle perdere valore, cercando di riavvolgere il nastro e razionalizzarla, dissezionandola chilometro per chilometro. Però me l’hanno chiesto in tanti…ed eccola qui allora, un po’ freddamente perché quel che avevo nel cuore l’ho già scritto.
L’area cambio di Kla è grande ma è anche un po’ scomoda, le operazioni del mattino vanno fatte con grande anticipo altrimenti si rischia di arrivare impiccati alla partenza…cosa che puntualmente è avvenuta perché non mi ero reso conto di quanto tempo servisse in realtà per spostarsi. Non che sia arrivato all’ultimo ma insomma, diciamo che mi è mancata la rilassatezza dei tempi comodi che mi piace avere prima del via, fosse anche solo per concentrarmi. Inoltre la mancanza di una grande spiaggia su cui girovagare ha peggiorato le cose, lì tutti stretti sul pontile.
Al via scelgo la spiaggia di destra, prima fila, il più vicino possibile al molo in modo da stare fuori dal casino e allo stesso tempo puntare dritto dritto verso la prima boa gialla. Un placido lago austriaco non ha niente a che fare con il Golfo del Messico incazzato (vedi puntate precedenti) e 8 mesi di esperienza in più rispetto alla prima volta aiutano. Mi metto bello sereno al mio ritmo cercando di prendere anche le scie, tenermi lontano dai guai e fare meno strada possibile. A parte qualche scontro fortuito, raro, tutto fila molto liscio per 2,8 km, poi all’ingresso del canale (la particolarità di questo Ironman) scoppia l’inferno. Lo spazio si restringe, cominciano a volare calci e pugni e tanto per cambiare uno mi sposta l’occhiale per cui comincia a entrare acqua. Per un po’ procedo con un occhio chiuso e poi come sempre l’acqua che entra finisce anche con l’uscire, a volte meglio aspettare che le cose accadano. Tutto sommato mi sto anche divertendo e quando risalgo dalla sponda vedo 1h13″, un tempo per me eccellente (-7′ dalla Florida). Le cose si mettono bene.
Dati Garmin 910XT frazione nuoto
Il cambio è discreto (7’49”), mi sento bene, comincio a spingere dopo aver fatto scaldare la gamba e inghiottito il mio primo panino alla marmellata. “Oggi sono perfetto” mi dico guardando la velocità quasi sempre abbondantemente oltre i 30 all’ora anche nei tratti con un po’ di pendenza. Il percorso è bellissimo, strade lisce come l’olio, sali scendi da affrontare con il 53 sempre su e tre salite a impegno “progressivo” che comunque ben si adattano alle mie caratteristiche (sicuramente più scalatore che passista). Mangio e bevo come un orologio, i battiti sono sotto controllo, la proiezione intorno al 70° chilometro dice 5h30′, sorrido e accelero.
E come al solito arriva l’errore per mancanza di umiltà. Siamo in discesa ben sopra i 50 all’ora, la strada gira e io mi sento un pilota d’aereo sulla mia amata E114 con cui ormai sono una cosa solo dopo 3 anni di amore. Davanti a me un gruppetto sta giocando con la scia, da dietro arriva la moto del giudice che li affianca e comincia a far piovere cartellini, non mi accorgo che loro hanno rallentato mentre piombo loro addosso come un falco. Veloce, troppo, dovrei frenare ma la trance agonistica mi ha fatto perdere lucidità, col cavolo che rallento…mi butto a sinistra e passo il gruppo, uno spettatore e pure la moto del giudice facendo la barba alla torre di controllo in stile Top Gun. Anche il cazziatone che segue è in stile Top Gun, cartellino nero per aver superato la riga di mezzeria, per aver fatto una manovra pericolosa con la bionda austriaca che sfoga tutte le sue frustrazioni su di me. Non ho parole, due cartellini in tre anni di triathlon, nei soli due full, questa volta 6′. Mi dico che devo ritornare razionale, dimentico l’episodio e mi concentro solo sulla pedalata, a parte il vento contrario nell’ultima parte del primo giro non ci sono episodi particolari da segnalare. Giro di boa ancora in linea con le 5 ore e mezza, penso che approfitterò della sosta obbligata per mangiare con calma.
Nel secondo giro becchiamo una pioggia cattiva, gocce grosse tutte di sbieco che pungono la pelle come aghi, raggiungo il mio compagno di squadra Jacopo a cui è scoppiata una gomma e penso che se capitasse a me ci impiegherei una vita a sostituire la camera d’aria, bravo lui che ci ha rimesso solo 10′, devo fare più pratica, appunti per l’estate. Comincio a accusare un po’ di stanchezza ma al netto della penalità il cronometro dice 5h34′, considerata la sosta tecnica (leggi “pipì”) ho fatto una bici da manuale a 31,7 km/h di media (a novembre 30,1) e 156 battiti medi (ovvero una comodissima zona 3). Ora scendo e arriva la mia maratona, non penso al tempo finale (non l’ho mai fatto sin dalla partenza) perché ho un solo obiettivo, chiuderla sotto le 4 ore.
Dati Garmin 910XT frazione bike
Mi sento bene, mi sento forte, sono sul mio terreno e parto fiducioso. La maratona Ironman è una roba strana, va interpretata in maniera del tutto diversa da quella “stand alone” e soprattutto ognuno nel modo che più gli si adatta. Io ho trovato “la mia maniera” e così mi attengo scrupolosamente al piano, finché posso cerco di spingere, alimentazione regolare e idratazione.
Non soffro fino al trentatreesimo quando comincio a sentire le classiche scosse alla gamba destra che preannunciano crampi. Non mi è mai capitato in corsa, non so se è per via del caldo o perché ho spinto troppo in bici, so solo che prima ancora che pensi a cosa fare mi blocco, barcollo, ho un male boia, non mi aiuta neanche un cane e fortunatamente una panchina vuota attende che mi ci appoggi sopra. Tiro un po’ e provo a ripartire ma niente, di nuovo allungo e mi sento morire, penso che così non arriverò mai in fondo. Zero assistenza, una signora sulla panchina di fianco mi chiede se voglio una Coca Cola e io bevo, piuttosto che niente…riparto o meglio riprendo a camminare, poi qualche timido passetto. Raggiungo il rifornimento e agguanto i sali, piano piano riprendo il mio ritmo ma se spingo un po’ ricominciano le scariche, devo gestirmi. Peccato, butto via minuti su minuti ma in cambio mi assicuro il traguardo. O almeno dovrei, in realtà la mia testaccia dura continua a pensare alle 4 ore e così anziché mettermi tranquillo sto sempre lì sul filo, forzo l’andatura finché non sento che sono al limite poi mollo e riaccelero. “Living on the edge” degli Aerosmith mi suona in testa e mi viene da ridere, mi sento vivo.
L’ultimo chilometro è infinito, sento lo speaker, gli applausi, ma io giro nel bosco, curve e controcurve che sembrano allontanarmi dal traguardo. Ho una insensata paura di aver sbagliato strada fino alla svolta, un grande cartello con su scritto “Finish line” e una inequivocabile freccia che segna a sinistra. Guardo il tempo, 3h56′, corro come non ho mai corso in vita mia.
Vola, vola Matteo a prenderti questo traguardo, a bruciare 8 mesi di sofferenze nella vita “normale” che gli allenamenti alla fine sono stati un modo per tenerti in equilibrio con te stesso. Vola Matteo che per ritrovarsi bisogna prima andare molto vicino a perdersi. E non ci penso al tempo finale, dopo la linea non capisco più nulla, so soltanto che sono riuscito a arrivare in fondo…ci vogliono 5′ per ricominciare a formulare pensieri razionali e mica che mi venga in mente di guardare il Garmin per sapere il tempo, no me lo dice zia Carla da dietro una rete, buttandolo lì come fosse normale. 11h01’48″…comincio a ridere come uno scemo perché si è vero dicevo di puntare alle 11 ore ma mica ci credevo veramente, pensavo che togliere qualche minuto a quelle 11h39′ sarebbe già stato bello. E così, come sempre, mi dico “Continua a sognare in grande Matteo, nulla è impossibile”, fuori e dentro la gara. Non immaginate quanto sia vero.
Dati Garmin 910XT frazione run