L'era del Ferro

Dal divano alla finish line

La soglia non esiste

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La soglia anaerobica non esiste, scegliersi un riferimento è però utile…
Dato che il tema delle differenze tra FTP, CP, soglia anaerobica e chi più ne ha più metta è sempre gettonatissimo colgo l’occasione di avere a disposizione buoni dati freschi per provare a chiarire le idee e soprattutto a usare questo concetto in modo utile.

Senza entrare nelle distinzioni accademiche tra le varie sigle (mettiamoci pure Lactate Threshold 2 e Ventilatory Threshold 2) sicuramente possiamo concordare su una definizione, ovvero che tutte queste “soglie” cercano di descrivere “il punto di massima prestazione in uno stato fisiologico quasi stabilizzato”. Se vi viene comodo pensatelo come equilibrio tra acido lattico prodotto e acido lattico smaltito anche se pure su questo aspetto ci sarebbe da distinguere (aggiungendo almeno altre due sigle, Maximal Lactate Steady State e Onset Blood Lactate Accumulation, lasciamo perdere) e non è mai abbastanza utile sottolineare il ruolo dell’accumulo di acidità locale, più che del lattato in sé.

In ogni caso, in qualunque modo decidiate di misurare, vedrete sempre una variazione pronunciata (deflessione) della variabile che avete scelto: frequenza cardiaca, lattato, cinetica del vo2max, flusso respiratorio, concentrazione di emoglobina desossidata periferica e via dicendo ma anche a seconda del metodo scelto per calcolare il valore. 

CP (a 2 punti, cosiddetta Monod)
Critical Power utilizza tradizionalmente 2 punti per definire una curva il cui asintoto (la retta che si avvicina alla curva indefinitamente senza mai toccarla) è “il punto di massima prestazione fisiologicamente stabilizzata” e grosso modo è valida per i primi 30’ di esercizio. 

Questo metodo ha un vantaggio pratico, cioè bastano due durate massimali (non troppo lunghe) per avere un valore rappresentativo, quindi un test anche da campo facilmente eseguibile e ripetibile

Gli svantaggi di usare CP sono a mio modo di vedere due: il primo è che un modello che matematicamente deriva un valore che ovviamente è finito utilizzando il concetto di quasi-costante e infinito ha già qualche problema concettuale. Il secondo è che utilizzare solo 2 punti acquisiti nel dominio sperimentale prevalentemente glicolitico inevitabilmente fatica a restituire abbastanza informazione circa il comportamento complessivo della fisiologia dell’atleta, che anzi nello sport di endurance è fortemente condizionato dalla sua capacità ossidativa, quindi dipende dal tipo di fibre muscolari prevalentemente utilizzate alle varie intensità.

FTP
Functional Threshold Power è stato originariamente concepito come “massima prestazione sostenibile per circa 1h ed è stata validata ATTENZIONE non usando un sottostante valore fisiologico (eg lattato) bensì con un modello puramente matematico (vedere immagini allegate al post) dovuto alla grande disponibilità di dati su sforzi massimali a cronometro per 40 km (sempre circa). Un formato di competizione molto in voga negli USA: è stata questa la genialità di Coggan, comprendere il valore dei big data quando ancora di big data non si parlava e soprattutto collegare a un costrutto matematico il concetto di stato “quasi stabile” fisiologico, ovvero il tratto della curva potenza tempo “quasi” parallelo all’asse x, prima della deflessione.

Questo modello è stato mitizzato, e prevedibilmente banalizzato, nel famoso “95% di 20’ al meglio”, senza capire come prima di tutto questo fosse il protocollo di test e non il modello, e soprattutto che fosse parte di un protocollo ben più ampio, che richiede non uno o due punti (i più evoluti almeno parlavano di 5+20 minuti) bensì non meno di 4 durate massimali.

In realtà questa è solo la procedura minima iniziale per cominciare a creare un valore sensato di FTP perché essa è modellizzata da ogni coppia potenza tempo acquisita, rappresenta pertanto la sintesi del livello funzionale di un atleta complessivamente, e si modifica ogni volta che cambia il livello delle singole capacità, ovunque entrino (o escano) valori massimali. 
Ecco perché il valore in sé è interessante ma lo è ancora di più l’intera curva Potenza-Tempo (Power Duration Curve).

Inoltre, e questo è fondamentale, FTP (massima prestazione quasi stabilizzata) è costruita utilizzando tutto il range di funzionamento (dal primo secondo fino all’ultimo, che sia un’ora o dieci ore) e tenendo conto delle interazioni di Pmax, FRC (Functional Reserve Capacity, grosso modo l’Anaerobic Work Capacity di Monod) e Stamina (quella che secondo la scuola italiana è resistenza aerobica).

Il modello è stato poi raffinato con l’introduzione di Time of Threshold Exaustion, che risponde all’esigenza di spiegare perché qualcuno “dura” al meglio per 30 minuti, qualcuno 40 e qualcuno un’ora. Cioè lo stato stabilizzato non è solo questione di quanto alta sia la curva prima della deflessione ma anche di quanto a destra si prolunghi la curva prima di piegare.

E’ un livello di profondità analitica che CP non possiede tanto che ultimamente si è tentato di costruire una curva potenza tempo basata su CP (CP Extended, su cui ora non entro non avendo avuto ancora modo di studiarla ma che da qualche comparazione con il modello WKO5 non mi pare granché).

SOGLIA ANAEROBICA
Tradizionalmente la soglia anaerobica viene determinata attraverso un test incrementale (del tipo Conconi o Mader, o un mix dei due detto Mader modificato).

Il pregio del test incrementale è che permette di osservare l’andamento dei paramtetri fisiologici (VO2, VCO2, VE, RQ, solo per rimanere su quelli misurabili con il metabolimetro) e quindi di utilizzarli per trovare il punto di deflessione in modo preciso. Ancora meglio se in laboratorio per togliersi il problema delle variabili ambientali.

Il punto debole di un test incrementale è che è estremamente protocollo dipendente e ancora di più protocollo dipendente in funzione dei limiti dell’atleta. Tipicamente più basso il tasso di incremento tra gli step (cioè più lunghi e con meno variazione) più bassa sarà la massima potenza aerobica (MAP)  raggiunta, o al contrario step troppo corti e troppo ampi faranno aumentare artificialmente MAP. Dato che questa è funzione di FTP, CP e di FRC, W  il protocollo incrementale porta alla sovrastima di FTP per chi ha W più alta della media, e viceversa alla sottostima di FTP per chi ha W più bassa della media.

Inoltre non va dimenticato che il test si chiama incrementale perché prevede un incremento del carico, se il carico rimane costante…non è evidentemente incrementale.

UNA NESSUNA E CENTOMILA…SOGLIE
Nella tabella allegata i valori comparati di un caso esempio (atleta femmina che si affaccia per la prima volta al mondo GF, dopo un passato di buon livello nel triathlon giovanile). Sono comparabili tra loro i diversi modelli?

A vederli in questo specifico caso sì, hanno un andamento riconoscibile ma attenzione, hanno un andamento costante perché questa atleta è allenata con un sistema che funziona sempre allo stesso modo, ovvero: ogni 6-8 settimane facciamo durate massimali per CP (vedi sotto), ogni 10-12 settimane facciamo durate massimali per FTP (vedi sotto) e ogni 3-4 mesi facciamo un incrementale. Di sicuro c’è che il 95% di 20’ non funziona, o meglio qualche volta funziona ma è un fortuito caso nel quale il rapporto tra FRC e FTP è così bilanciato rispetto al modello che non si finisce in una sotto-sovrastima. Comunque non funziona in questo specifico caso.

Al di là di quale sia il modello a cui riferirsi (ce ne sono altri tra cui ad esempio Pinot-Grappe, Ward-Smith, AIS) a livello pratico è importante tenere sempre presente che i risultati sono protocollo dipendenti, quindi si scelga quello che si vuole ma lo si “nutra” nella maniera corretta. Checché ne dica Coggan (a cui va enorme rispetto senza per questo esimersi dal ragionare sopra le sue affermazioni) anche il suo mFTP è protocollo dipendente, perché usare 90 giorni di dati con non meno di 4 punti fondamentali (ma in realtà ben di più) richiede una grande cura del modo in cui viene dato da mangiare al modello, che idealmente richiede che una volta ogni 4 settimane si testino le durate massimali. Lasciate un pezzo di curva non testata e la modellizzazione sarà cattiva. Ovvio dal punto di vista teorico ma poi quando si tratta di infilare massimali dentro alla programmazione dell’atleta non è così semplice ottenere il massimo “quando serve” all’algoritmo piuttosto che “quando può” l’atleta (magari in funzione del carico) o “quando deve” (prioritariamente in funzione degli appuntamenti agonistici)

SI MA IN PRATICA COME MI DEVO TESTARE?

Per CP il protocollo che offre più garanzie è il 3+30’, certamente impegnativo da effettuare. Personalmente quando ho bisogno di un check veloce e non troppo invasivo mi sono attestato su un 4+16 che tra costo e beneficio paga bene.

Per FTP il trucco è quello di testare periodicamente almeno le durate fondamentali: circa 10”, 1’, 5’, 20’ ma con l’accortezza di aggiungere i punti evidentemente mancanti se non si riesce a metterli insieme in modo “naturale” nello svolgimento degli allenamenti. Un coach che adotta questo sistema sviluppa nel tempo l’abilità di integrare durate massimali nell’allenamento stesso, rendendo davvero vivo il principio training is testing and testing is training. Atleti di alto livello, che fanno gare lunghe a cronometro (ad esempio triatleti di lunga distanza) potranno aver bisogno di testare anche 40’ (o più) per dare modo al modello di essere calcolato in modo preciso. 

Per l’incrementale si abbia l’accortezza di fissare un protocollo coerente (chi fa gare corte si può permettere protocolli più brevi e violenti, chi fa gare lunghe protocolli più lunghi e dolci) e soprattutto mantenetelo. In secondo luogo, ma non meno importante, non esistendo il metodo perfetto globalmente (non solo in termini di risultato ma anche di praticabilità e ampiezza prospettica) la vera arte è quello di saperli utilizzare tutti, al momento opportuno, nel modo opportuno, pensando sempre prima di tutto alle esigenze dell’atleta prima che degli algoritmi.

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