L'era del Ferro

Dal divano alla finish line

Patagonman Xtri 2019

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La Patagonia è un posto in cui non si può mai essere certi di nulla. Ora sei in maniche corte ma tra cinque minuti sarai costretto ad indossare il piumino. Hai un aereo che parte alle 16:50 ma può essere spostato alle 10:37 come alle 18:45. Pensi che non ci sia nessuno in mezzo a una qualche immensa vallata priva di insediamenti e invece da una sorta di casa matta esce l’omino dei lavori in corso che gira a mano il cartello di stop e via libera.

E’ una terra estrema, all’altro capo del mondo, dove opposte sono persino le stagioni. E naturalmente è un triathlon estremo, che sulla carta è semplice e che pur essendo non impossibile è di certo molto difficile, imprevedibile, sicuramente brutale. Una gara che richiede rispetto, prima di arrivarci, e lucidità nel prendere le decisioni, mentre la stai correndo.

La Patagonia è un posto in cui se sei in difficoltà troverai sempre qualche cileno sorridente pronto ad aiutarti: no hay problema amigo. Anche i Carabineros sono gentili, anzi sono gentilissimi, e se con qualche civile provi a capire cosa ne pensa della situazione nel Paese lui non mostra preoccupazione “sì c’è tensione ma niente di che – alza le spalle -, andrà tutto a posto”, e ti propone una Belgian Golden Ale chiamata Patagonia Multicolor, che quando l’assaggi un po’ comprendi il loro modo di prendere la vita con molta pazienza e ottimismo. Intanto fuori dai licei ci sono gli striscioni “Asemblea Costituente ahora”

Sembra quasi un manuale contro le banalità questo posto. Pensi che la parte difficile della gara sia il nuoto ma è solo uno specchietto per le allodole. Le complicazioni vere arrivano dopo. Certo, nuotare dentro alle acque scure e gelide di fronte a Puerto Chacabuco (nel nulla del nulla) non è esattamente un piacevole bagnetto. Dal traghetto salti in mezzo al fiordo, se non sei del posto mica te lo dicono che è bene seguire un certo faro anziché rimanere al centro puntando alla nave della guardia costiera come spiegato nel briefing. Dopo un’ora abbondante immerso a 10 gradi esci talmente gonfio che a stento mogli e figli sono in grado di riconoscerti, sì non senti più tanto bene i piedi e ti devono un po’ sostenere fino alla T1, ma la brutalità del Patagonman ti schiaffeggia più tardi, per davvero. Questo è un antipasto, le energie soprattutto mentali durante la preparazione non vanno investite su questa prima frazione.

A vederla sulla carta la bici non è particolarmente temibile. 2800 m D+ complessivi, quasi piatta fino a al 60° chilometro, poi tanti gradoni con strappi corti, sebbene molto ripidi, seguiti da lunghi falsipiani. Ultimi 20 chilometri in discesa. E’ un inganno, un trucco di questa terra affascinante e selvaggia. Prima di tutto il primo tratto è quasi sempre battuto dal vento, ovviamente contrario, che può soffiare tranquillamente sopra i 30 km/h ed essere considerato assolutamente normale. Se il meteo è ordinario prendi acqua a tratti, forte per cinque minuti poi sole per altri cinque e così via. Caldo e freddo, bagnato e asciutto, impossibile adeguare il vestiario in continuazione. La carta dice che è facile ma questa situazione drena energie, ti distoglie dalla disciplina nell’integrare. Sei gelido e bollente allo stesso tempo.

Il paesaggio è mozzafiato ma non ti puoi permettere di guardarlo troppo. Il manto stradale cambia in continuazione, a tratti è ottimo, ma può sempre capitare un avvallamento in grado di catapultarti a terra in un attimo, o una buca assassina capace di rompere un cerchio. Per lo più è però un asfalto agglomerato di sassi neanche troppo piccoli, separato da punti di giunzione piuttosto fastidiosi, altre volte è un cemento zigrinato, e in altri punti la frazione bici si trasforma in ciclocross, quando si attraversano i lavori stradali caratterizzati dalla terra, quasi rossa, e dal fango.

Lentamente ma in modo inesorabile ci si addentra sempre più nella riserva del Cerro Castillo, dove gradini da 1,2, 3 km sopra al 10% portano a lunghissi falsopiani al 3 o 4 %. E’ impossibile rifiatare o recuperare un po’ la gamba. Per almeno 50 km si va avanti così fino allo scollinamento. Gli ultimi 20 sono in discesa, con buon fondo, parecchi tornanti ma tutti sono così stanchi che persino frenare per impostare le traiettorie è impegnativo. Sono vivamente consigliati i freni a disco.

Dalla spoglia T2 ci si inoltra in una valle deserta per circa 30 km da affrontare in totale autonomia. Le vetture supporto sono deviate verso il traguardo, non è concessa assistenza (magra consolazione i due ristori fissi al 10° e 20°) e dopo qualche chilometro bisogna affrontare un autentico muro in cui si mette sulle gambe buona parte dei 1300 m totali di dislivello dell’ultima frazione. E’ un trail “hard”, in single track, fatto di terra morbida, radici e grossi sassi. Dopo il km 10 la strada si allarga e diventa un vallonatone ampio di ghiaia chiara, in cui però si susseguono pendenze tali che impediscono di poter prendere un vero e proprio ritmo di corsa.

Soltanto negli ultimi chilometri la discesa si fa continua, non resta ormai che andare a suonare la campana al traguardo, sempre che non siate rimasti tagliati fuori dai cancelli (stretti, ma non strettissimi) che iniziano dal 90° km (2h per essere out of the water, poi 6 ore totali a metà bici e così via…)

Al Patagonman può andarti bene o non andarti bene come in tutte le gare del circuito Xtri, dove alla partenza nessuno sa con certezza se vedrà o meno la linea del traguardo. “This is not Ironman, this is not a joke”, ricordano in continuazione al briefing. Ed è vero, non importa che tu sia il vincitore come Tim Don e Flora Colledge o il primo dei ritirati, questa è il tipo di gara che è più che altro una scusa, la scusa per fare un viaggio sorprendente, attraverso se stessi prima ancora che attraverso il mondo, per abbracciare una sfida che si può anche perdere ma che comunque alla fine ci avrà cambiati in meglio, perché di certo non vi permetterà di scappare dalle difficoltà, o di evitare di riflettere su quello che avete dato e su ciò che avete ricevuto in cambio.

Per informazioni su preparazione, logistica e supporto per l’edizione 2020 del Patagonman o di altre gare Xtri scrivete a torre.matteo@gmail.com o contattatemi su FB o Instagram (@tower77pr)

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