L'era del Ferro

Dal divano alla finish line


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A modo mio

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Ho sognato quel traguardo senza sapere esattamente cosa significasse. Ho progettato il percorso per raggiungerlo scoprendo solo durante il cammino quanta fatica costasse. Ho pianto di commozione alla prima partenza, ho sperimentato il Nirvana a pochi chilometri dalla finish line, sono nato la seconda volta quando l’ho attraversata. Ho mantenuto la promessa di portare a casa la medaglia e lui mi ha aspettato prima di andarsene. E’ diventato parte integrante della mia vita, e la mia vita ha assunto un significato più pieno quando ho cominciato ad aiutare gli altri a scoprirne il potere purificatorio. Continua a leggere

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Esageratamente Ultra, profondamente Umani

Apro gli occhi nella prima domenica di riposo dopo 5 week end di impegni durissimi. E la apro dopo una notte quasi insonne passata a seguire le vicende del Passatore, una gara mitica che però non mi aveva mai veramente preso il cuore. Sarà tutto quell’asfalto, sarà che fino all’altro ieri mi sembrava così tanto “troppo” esagerata. Ma da ieri pomeriggio l’ho vissuta, respirata anche se da lontano, e capita un po’. Continua a leggere


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Sogna, scegli, progetta, fai (ovvero la regola della 4 D che ci sono anche se non si vedono)

Le concessioni che siamo disposti a fare rivelano l’importanza che diamo a una cosa
(cit Kilian Jornet)

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E’ tanto che non scrivo qui e potrei elencare un sacco di buone ragioni per cui ho trascurato il blog: perché ho lavorato tanto, perché scrivo anche per theageofsport.it, perché il Team Spartans cresce e allenare così tanta gente, mica solo i debuttanti all’Ironman Spagna, è impegnativo, e via discorrendo. La verità però è più concisa e anche cruda: non avevo niente da dire. O meglio, nulla da dire che mi stesse veramente a cuore. Continua a leggere


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Chi ha paura del buio?

Salomon XA Pro 3D, la mia prima scarpa da trail

Salomon XA Pro 3D, la mia prima scarpa da trail

Ho trascurato il blog. Sì lo ammetto, e c’è stato anche del dolo. Avevo bisogno di staccare, staccare dagli allenamenti e trovare un nuovo obiettivo che renda sensato svegliarsi la mattina alle 5 per andare a correre, tornare a casa distrutti dal lavoro la sera alle 8 e buttarsi sulla spinbike, uscire la domenica mattina per un combinato da 4 o 5 ore. Continua a leggere


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Teoria della relatività

Sono in Scozia da una settimana. Ho visto Edimburgo, visitato distillerie di Whisky, osservato i Border Collie prendersi cura delle pecore e pedalato in Mountain Bike attraverso le Highlands, quasi sempre sotto la pioggia, imparando una cosa fondamentale: non esistono condizioni meteo che possano impedire agli scozzesi di fare le loro attività all’aperto.

Loro corrono, vanno in bici, fanno trekking, campeggiano, passeggiano, pascolano il bestiame, organizzano eventi, fregandosene bellamente dell’acqua, del vento, del freddo. Sono organizzati ed equipaggiati, hanno un sistema di manutenzione del territorio straordinariamente efficiente, e si godono la magnificenza della natura a queste latitudini.

Non avendo alternative ho fatto mio lo spirito locale, riuscendo a portare a termine tutto quello che avevo in programma compreso il viaggio in bici lungo il Great Glen, la faglia che separa le Highlands settentrionali dal resto dell’isola britannica, nonostante il meteo ballerino. Un’esperienza meravigliosa attraverso una terra magica, di quelle che ti rimangono nella memoria per sempre.

Avrei potuto rinunciare? Certo che sì, se avessi dato retta alla vocina della zona comfort “piove a dirotto, le strade sono allagate, fa freddo e chissà in che condizioni sono i sentieri”. Invece il “metodo scozzese” ha funzionato alla perfezione, facendomi concentrare sull’obiettivo e sulle strategie necessarie a raggiungerlo, anziché bloccarmi davanti agli ostacoli.

Dalla pioggia e dal freddo ci si può riparare, il fango può rallentarti ma non fermarti o addirittura rendere più interessanti certi tratti di strada banali. E poi una doccia calda e un termosifone bollente mettono a posto ossa e vestiti, quasi quanto il Whisky dopo cena in un pub affollato e accogliente.

Ecco cosa mi porto a casa da questo popolo: non esistono condizioni sfavorevoli ma solo persone non abbastanza determinate da adattarsi alla situazione e trovare il modo di passare sopra ai problemi. In fondo quella che in Italia sarebbe una giornata brutta qui viene considerata splendida. E poi a infilarsi dentro a un acquazzone a tutta velocità magari si sbuca dalla parte opposta trovando un panorama da favola. Il brutto, l’impossibile, il non si può, il non ci riesco non è mai assoluto, la misura siamo sempre e solo noi stessi.

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Qualcosa per niente

Qualche giorno dopo aver nuotato per 3,8 km, pedalato per 180 e corso per 42 sto seduto davanti allo schermo del computer. Rimiro la foto dell’arrivo con scritto “M.Torre – 11h01’48”, scorro i dati del Garmin 910 XT che dissezionano ogni singolo dannatissimo chilometro dei 225,992 percorsi e già so che da qui a poche ore finirò nel solito vuoto post gara. Il corpo è esaurito e la mancanza di un obiettivo su cui concentrarmi mi disorienta. Continua a leggere


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Le IMperfezioni provvisorie

Una settimana alla gara. I giochi sono fatti, tempo di scaricare e riempire ogni singola cellula di energia.

Eh sì, la fai facile tu. Ho tirato come un matto, messo in fila lunghissimi su lunghissimi e ora anche solo corricchiare per un’oretta mi costa un’enorme fatica. E poi, quanto sono lento. Soffro.

Il cuore che non sale per la stanchezza accumulata, le gambe dure non appena provo a spingere un po’ sui pedali, la falcata corta, solo la bracciata è brillante, il nuoto è così, il nuoto è strano ti inganna sempre, non lo puoi imbrigliare dentro a uno scarico. E poi la cistite che ho trascurato, i pantaloni della divisa a cui non mi sono abituato, le mie nuove Wave Rider 17 che accidenti a loro sono solo l’ombra del glorioso nome che portano. E’ sufficiente un attimo di cedimento, la tentazione di lasciarsi un po’ andare, metto tutto insieme e vado in panico. Continua a leggere


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Carne, sangue e sudore, degli altri – Week 11 IM Klagenfurt

La felicità del nuovo PB sulla mezza in 1h31'40".

La felicità del nuovo PB sulla mezza in 1h31’40”.

Tecnicamente questo dovrebbe essere un pezzo sulla Stramilano, sul fatto che non mi piace correre in quella città  (perché le scene imbarazzanti tra automobilisti e runner che si vedono lì dovrebbero essere solo dimenticate), sulle previsioni meteo drammatiche clamorosamente smentite, sul mio miglior tempo fatto in una mezza (ufficiosamente 1h31’40”, ufficialmente 1h32’08” causa 28″ di sosta pipì per il freddo porco preso prima del via) e su come procede la preparazione per Klagenfurt.

Invece vaffanculo ai tempi, vaffanculo alle soglie, vaffanculo alle tabelle. Continua a leggere


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No more drama – Week 8/9/10 IM Klagenfurt

Il tempo passa e aggiusta tutto: la forma che non c’era gradualmente arriva, con pazienza e tra passi in avanti e qualche arresto. Perché il processo di crescita non è mai lineare.

Succede anche che piano piano, in maniera impercettibile, tutto il sudore versato e la fatica accumulata modificano non soltanto la capacità polmonare, il trasporto dell’ossigeno ai muscoli, la capillarizzazione, la capacità di smaltire l’acido lattico e quella di funzionare con una miscela al 20% di zuccheri e all’80% di grassi. No, misteriosamente hanno effetti benefici anche sul modo di affrontare le cose negative che ci capitano nella vita. Continua a leggere


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Non l’avevo mica capito

“Ah ma io non avevo capito che lo fai per tutte queste ragioni”, mi dice il mio amico Alessio mentre siamo a cena l’altra sera – l’oggetto della conversazione ovviamente è l’Ironman “io pensavo fosse solo per il gusto della sfida fisica”.

Certo che no! a me sembra assodato e implicito e invece evidentemente “da fuori” non è così. Andiamo con ordine e proviamo a rispondere alla domanda: perché ti sottoponi a una tortura del genere?”

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