L'era del Ferro

Dal divano alla finish line


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18 buoni motivi per continuare a fare fatica

Quando scegli di fare il coach e cominci a occuparti dei tuoi clienti, o dei tuoi atleti, o dei pazienti, a seconda del modo in cui preferite incasellarli e del loro status psicofisico momentaneo – io preferisco direi “dei miei ragazzi”-, comincia a formarsi un grumo di coscienza nel quale capisci che la tua si far-per-dire-carriera di atleta andrà a farsi benedire. Sì perché tra programmazioni, analisi dati e ore passate al telefono, per il coach-atleta rimane ben poco tempo e ancora meno energie per concentrarsi su allenamenti e gare,. Se poi sei contemporaneamente papà di un piccoletto di 13 mesi puoi dirgli addio del tutto.

Finisce così che non carichi i lavori per te stesso su Training Peaks ma ti limiti a guardare all’ultimo istante prima di uscire per allenarti cosa fanno quelli che correranno la tua stessa gara A. Di analizzare i tuoi scarichi non se ne parla nemmeno, quando tieni aperto l’analytical engine (uso WKO4) 8 ore al giorno l’ultima cosa che vuoi fare e passare tempo aggiuntivo a guardare come sei combinato. Però ti iscrivi lo stesso al Challenge Rimini, al 70.3 di Rapperswil, a Ironman Austria e pure a quello di Cervia.

Fino a un paio di anni fa, quando il triathlon era ancora soltanto un hobby, ero unicamente concentrato sul risultato. E’ una sfida esaltante all’inizio, una progressione che sembra non dover mai finire. Inizia con la prima ora corsa di fila, poi la prima 10 km competitiva, la mezza, addirittura la maratona. E il triathlon, che diventa TUTTA la tua vita nell’anno di preparazione del primo Ironman. La voglia di fare fatica, di soffrire, di sacrificarsi in allenamento e in gara ti rimane fin quando non cominci a portare a casa le gratificazioni. Dopo le 10 ore e 49 minuti di IM Barcellona nel 2015 qualcosa è cambiato nella mia testa, è scattato l’interruttore che ogni volta in cui comincio a soffrire fa suonare la vocina “non devi più dimostrarti nulla”. Eppure continuo a correre e anche a soffrire, in realtà. 

Ho avuto molto tempo ieri per rifletterci su, mentre cercavo di guadagnare per la quinta volta il traguardo di una gara tosta come Challenge Rimini. Dove come al solito l’acqua fredda e il vento in bici mi hanno buttato dentro alla devastante spirale “mal di pancia quindi non mangio, la bici la gestisco ma poi quando inizio a correre muoRo”. E mentre pensavo che avevo tutto il diritto di ritirarmi mi è balenata l’immagine della zona cambio, in cui da ultimo iscritto stavo giustamente in fondo ai 1141 stalli.

Ma siccome gli ultimi saranno i primi in realtà quella posizione sfigata per un atleta si è rivelata una posizione strategica per coachTower. Perché essendo all’ingresso del bike check nel pre-gara ho potuto vedere tutti i miei ragazzi, più tanti amici, entrare. Perché ho potuto scrutare sul loro volto insicurezze e paure, perché ho potuto intuire di quali parole o di quale sguardo avessero bisogno in quel momento. Perché essere in griglia di partenza insieme non ha prezzo, perché tenerli d’occhio durante la frazione bici mi fa pensare a una cosa che si chiama dedizione, perché incrociarsi durante la corsa mi dà la certezza che per loro ci sono sempre. Anche se soffro, anche se non sono allenato come vorrei, anche se potrei legittimamente ritirarmi. Perché trovarsi al traguardo, stanchi morti, sporchi di sale, sudore, moccio, gel appiccicosi e sorrisi è la cosa più bella che uno possa fare per lavoro.

Tra lo sprint e il mezzo 18 persone gestite in 48 ore. 18 storie diverse, a cui varrebbe la pena di dedicare intere pagine. Tra debuttanti assoluti o sulla distanza, triatleti di lungo corso, gente con cui stiamo lavorando per limare secondi al full, qualcuno per cui Rimini era l’obiettivo principale, altri che lottavano semplicemente per riuscire a finire, sapendo di non fare torto a nessuno tanto ci sarà spazio per tutti, voglio partire proprio dall’ultima al traguardo ieri, Veronica, che rappresenta uno dei tanti modi di fare questo sport. Le ragioni sono tutte diverse, non c’è quella giusta e quella sbagliata, ognuno trovi la sua e se la goda, possibilmente lasciando a ciascuno la libertà di trovare la sua strada, di sbagliare e persino di cambiare direzione:

“Un anno fa a Rimini mi ritiravo dal mio primo triathlon sprint perché avevo paura del mare (sei mesi fa veniva fermata al cut off dal mare in tempesta di Pola, ndr). Un anno dopo esatto mi sono presa la rivincita su un mare difficile al Challenge Rimini. Con un mezzo Ironman. La vera follia sarebbe stata mollare…”

 

 

 

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Calci nel culo, il concetto di liscezza e una frittura di gamberi a Pescara

IMG_8803Si è rotta lei poco prima che mi rompessi io. La mia adorata E114. Quell’orrendo rumore di ferraglia che mi ha appiedato dopo neanche 20 chilometri dell’Ironman 70.3 di Pescara, quell’attesa della vettura scopa per 2 ore sull’asfalto rovente, nero, appena rifatto e perfettamente liscio che è un peccato non averci corso sopra come si deve, il rientro tardissimo sul lungo mare e la voce dello speaker che snocciola i nomi di chi taglia il traguardo mentre io sono ormai irrimediabilmente sconfitto. Sono stati prima la causa scatenante dello psicodramma “cazzo il mio primo DNF” ma poi poco alla volta si sono rivelati essere esattamente ciò di cui avevo bisogno. Continua a leggere


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Missione Compiuta, anche a Rimini. Nonostante tutto.

Rimini_Matteo

Il cielo è plumbeo, a tratti piove, c’è decisamente troppo vento per fare il bagno e la muta non è affatto adatta per un rilassante bagno sulla riviera romagnola. Non c’è nulla di confortevole, in effetti, in questa prima frazione del Challenge Rimini numero tre, a eccezione del pensiero vagamente compiaciuto che sia stata una gran furbata tenermi tutto a sinistra rispetto al gruppo verso la prima boa, in compagnia di pochi intimi. E’ un attimo, il pensiero di scivolare dolcemente portato dalla corrente giusto giusto già in traiettoria per la seconda lontanissima virata, e arrivarci per davvero. Tutto facile, tutto veloce, troppo perché non ci sia un trucco dietro. Continua a leggere


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Tutto in famiglia

Questo week end mi ha lasciato con un po’ più di consapevolezza sui lavori “complementari” da far fare ai miei (ma anche a me) grazie all’eccellente corso “Forza funzionale per il triathleta di endurance” tenuto dall’ottimo Max Savorelli (mio docente anche al corso istruttori). Va dato atto al grande lavoro che il settore tecnico della FITRI sta facendo per dare una formazione di alto livello ai suoi istruttori e allenatori.

Questo week end mi ha lasciato con un po’ più di consapevolezza su quanto sia bella la famiglia del triathlon in generale e quella Spartans in particolare. Eravamo in 26 a Volano e la vera fatica non è stato finire la gara bensì farlo riuscendo a trovare il fiato per dire una parola a tutti nel multilap bici e corsa. Continua a leggere


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A volte, per fortuna, semplicemente esisti

Ne succedono di cose in tre settimane. Succede che il lavoro mi assorbe così tanto che non ho nemmeno il tempo di scrivere due righe da pubblicare qui sopra. E che comunque Klagenfurt si avvicina quindi bisogna allenarsi, alla mattina prestissimo o la sera tardi, così quando arrivo a casa mangio (mai prima delle 22:00) e poi svengo immediatamente sul divano. Continua a leggere


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Training Report – Week 41

Due settimane abbondanti di riposo completo hanno separato l’ultima gara dalla ripresa degli allenamenti, il giorno dopo Ferragosto, nei quali mi sono ritrovato con muscoli e cuore freschi e decisamente non al top di prestazione.

Non è stata una sorpresa e so che servirà qualche settimana per tornare a girare sui ritmi di inizio luglio (nelle prime due settimane sono andato davvero bene), per adesso ok aver consolidato il lavoro fatto da sin qui, ripartendo ora da una base molto molto buona.

Questo è quello che una persona equilibrata dovrebbe pensare e scrivere, la verità è che mi sono sentito uno schifo completo perché durante questa settimana i tempi sono stati a dir poco scadenti e le sensazioni pessime: basta guardare l’ultimo 4×100 m di venerdì a nuoto e l’orrenda seduta di corsa sabato, sempre sopra i 4’\km a parte alla fine con il 3x200m. Quanto meno questi sono i pensieri che mi sono passati per la testa per un paio di giorni, poi ho deciso di cedere alla pressione di moglie, coach, compagni di squadra e amici, e piantarla con i piagnucolamenti, che a guardare con occhio distaccato

Venerdì 16 agosto – NUOTO

Poco meno di un’ora per riprendere confidenza con l’acqua, peraltro dentro a una piscina da 50 m (molto bella l’estiva di Castiglione delle Stiviere nell’alto mantovano, praticamente lago di Garda) che se da una parte è più impegnativa fisicamente dall’altra aiuta tantissimo a prendere il ritmo di bracciata. Era anche parecchio che non usavo le palette dopo le quali mi sono trovato con le braccia di ricotta, cosa che si è tradotta in una 4×100 sempre poco sopra ai 2’/100 m. Diciamo ok così, non potevo certo pensare di rientrare al top.

200 m warm up
4×50 m ipossia
8×50 m pull rec 15″
6×100 m rec 20″
10×50 m pull e palette rec 15″
4×100 m passo rec 20″
100 sciolti

Split (manuali)

Sabato 17 agosto – RUN

Uno schifo completo, la seduta di corsa peggiore da anni. Le gambe stavano anche bene ma il fiato non c’era, battiti altissimi sin dall’inizio, una gran umidità, sensazione di disagio fino alla fine. Più ci penso e più mi sento piantato sempre nello stesso punto, incapace di progredire e ridicolo nei miei goffi tentativi.

1500 m recupero 1:1 jogging
1000 m recupero 1:1 jogging
800 m recupero 1:1 jogging
4 x 400 m recupero 2′ jogging
3 x 200 m recupero 100  passo

Scarico dati Garmin

Domenica 18 agosto – BICI

Gambe piene di acido dal giorno prima, umore nerissimo e come se non bastasse ci si è messa la Argon ha darmi problemi con ripetuti salti di catena dopo aver tolto la 808 e messo su la lenticolare (andava rifatta la regolazione del cambio e nel mio delirio me ne sono totalmente dimenticato). Dopo 15′ di riscaldamento sono passato a 3 progressioni da 10′ ciascuna su falsopiano in salita, più impegnative per i muscoli che per i polmoni, finendo con una imprevista mezz’ora a tutta visto che comunque dovevo rientrare a casa.

Già un po’ meglio di quanto fatto sabato ma sicuramente ancora lontanissimo da ciò che mi ricordo di essere capace di fare.

Scarico dati Garmin

A giorni di distanza mi sono ricordato che avevo già eseguito questo allenamento a inizio maggio, irresistibile la tentazione di andare a controllare e guarda un po’ cosa scopro:

Ripetuta 1
Maggio 29,9 km/h
Agosto 31,9 km/h

Ripetuta 2
Maggio 30,4 km/h
Agosto 31 km/h

Ripetuta 3
Maggio 31 km/h
Agosto 31,4 km/h

Forse sì, sono proprio pirla a preoccuparmi.


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Race report – Aronamen 70.3

Premessa, questo è un report di gara noioso. È noioso perchè tratta prevalentemente di numeri, occupandosi dell’ultima gara della stagione prima di 1 mesetto di riposo “quasi” assoluto. Quanto “quasi” lo scoprirò domani quando coach Ironfrankie ripresosi dalla fatiche di Zurigo avrà modo di spiegarmi il programma di agosto, cheha già intitolato “vacanze”. Ah sì, non è che a Zurigo è andato a correre, lui; no, è andato ad assistere i miei soci di team Luca, Angelo, Gianmarco che oggi sono stati i primi del gruppo Polisportiva Porta Zaragozza a perdere la verginità Ironman full distance. Fantastici!

Tornando a Arona, la giornata è iniziata alle 5:00 con sveglia e la solita colazione pre gara/allenamento lungo, composta da fette biscottate e marmellata, un po’ di succo di frutta e una mega tazza di caffè, trasferimento in zona cambio e preparazione della piazzola. Ho cercato di ritardare il più possibile il momento di vestizione muta per evitare di disidratarmi nell’attesa della partenza, facendo tesoro dei consigli del coach e della sua disavventura a Nizza lo scorso anno.

Bellissima l’alba sul lago maggiore e bello il colpo d’occhio di quasi 500 atleti (tra 319 ometti, una cinquantina scarsa di donne e staffette) ma non appena messi i piedi in acqua la poesia ha lasciato posto al pragmatismo: controllatina alla tenuta stagna degli occhiali e poi via verso la prima boa. Come da insegnamento i primi metri li ho fatti forte, testa sotto, per cercare di lasciare indietro più gente possibile, poi appena la situazione si è fatta più tranquilla mi sono disteso cercando di mantenermi sempre in scia a qualcuno. Questa volta ho preso davvero poche botte e soprattutto ho avuto la fortuna di riuscire quasi sempre a sistemarmi tra due avversari, sfruttando così al massimo l’effetto di trascinamento. Avevo intuito di aver fatto una buona frazione ma non ho capito quanto buona fino a quando non ho messo piede in zona cambio, dove per poco non mi viene un infarto a vedere quante biciclette erano ancora in attesa di essere prelevate. Io di solito arrivo molto indietro, con la T1 quasi vuota e oggi ero così concentrato su quello che dovevo fare che mi sono dimenticato di controllare il tempo subito all’uscita. Il Garmin dirà 2260m completati in 39’01”, alla strepitosa media di 1’40″/km, 113esimo alla fine del nuoto, roba da non crederci per una schiappa come me.

Ovviamente in bici sono stato passato da parecchia gente, cosa normale visto che di solito non inizio la seconda frazione cosi avanti e anzi sono abituato a recuperare posizioni. Poco male comunque perchè nei primi 35km tengo la media di 35 km/h su un tracciato lungo lago fino a Stresa bellissimo e perfetto per la Argon E114 (piatto o con dei mangia e bevi da affrontare belli allungati sulle aerobar). Poi lunga salita, lo sapevo e ero preparato, con pendenza media al 5% lunga ma pedalabile in cui mi sono difeso bene a cui sono seguiti 40 km di sostanziale impercettibile discesa interrotta da lunghe salite da affrontare con il 39 e anche un tratto oltre l’8%. Un’altimetria devastante per le geometrie della mia bici e soprattutto per le mie gambe che in quelle condizioni non erano in grado di spingerla. Ho proprio sofferto e arrivare in zona cambio è stata una vera e propria liberazione, anche perchè il percorso aperto alle auto è stato veramente brutto. Nelle 3 ore secche di bici sono riuscito a fare il 180esimo tempo, un disastro degno del Matteo 2012 quando la gamba era pessima, non di questa stagione dove in bici sono sempre andato forte.

Messa giù la bici infilo le Wave Rider 16 e il cappellino uscendo dalla T2 incazzato come una pantera e convinto di essere ultimo o poco più. Incurante della temperatura faccio i primi 3km sotto i 5’/km poi mi rendo conto che oggi proprio non lo posso cercare il personale sulla mezza dell’Ironman e salgo intorno ai 5’20”. Fino all’ottavo sto male, non ho forze e nella mia testa risuona solo “non ce lafai, oggi non ce la fai. Fermati che cosi allievi questo dolore”. È la Coca Cola ingurgitata insieme a una fetta di crostata a salvarmi, anche oggi. Riprendo energia e con la forza anche il morale. Mi dico che in fondo mi sto allenando e anche incrociare i miei compagni di squadra (gli Ognibene brothers e Vincenzo) mi fa bene. Alla fine ho anche la forza per sprintare, chiudo in 1h52′ alto, 4′ più lento che a Rimini nella frazione corsa ma ben 16′ meglio in totale, con 5h32′ e il 159esimo posto su 320 iscritti. È vero che nella corsa sono andato più lento ma è proprio negli ultimi chilometri che ho cominciato a capire che stavo bene, non avevo dolore a tendini e ginocchia e che mi ero messo su un ritmo che mi avrebbe consentito di andare ben oltre la mezza.

Oggi ho realizzato che in questi mesi ho imparato a:
1) nuotare a una velocità più che dignitosa. Al netto di onde, corrente e sfighe varie è realistico pensare che in Florida posso chiudere in poco meno di 1h20′
2) pedalare forte in salita con la bici da corsa e forte sul vallonato con la cronometro. Non ad andare forte con la crono anche in salita. Ciò detto se riuscissi a finire i 180k di bici in 6 ore ci metterei la firma adesso. Restano tre mesi per consolidare questo obiettivo.
3) correre forte in transizione anche dopo 5h di bici ma che soffro da matti il caldo e soprattutto che devo alimentarmi e idratarmi bene. Meglio soffrire un po’ di male alla milza in attesa di digerirr la crostata piuttosto che fermarmi perchè non ho più zucchero in corpo.
4) posso essere fiducioso che sono sulla buona strada per vedere la finish line di Panama. E forse posso puntare a poco meno di 12 ore.
Dove avete detto che devo firmare?

35 km di percorso perfetto per lei (esatttamente come sarà a Panama) e poi solo sofferenza

35 km di percorso perfetto per lei (esatttamente come sarà a Panama) e poi solo sofferenza

5h32' al mio terzo mezzo Ironman, non male tutto sommato.

5h32′ al mio terzo mezzo Ironman, non male tutto sommato.


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Challenge Rimini 70.3 – si vive insieme

L’ho già scritto qui e là ma vale la pena di ribadirlo: la cosa più bella che mi sia capitata da quando ho iniziato ad allenarmi per l’Ironman sono i tantissimi nuovi amici che ho incontrato, anzi, come mi piace dire, in cui mi sono “imbattuto”. L’aspetto più sorprendente è che tutto è nato dal casuale incontro su Twitter con coach Frankie, a sua volta generato dall’appropriato uso del tag #run e dalla scoperta dei Runloveri, senza il quale oggi non sarei qui a dire di aver concluso 2 mezzi Ironman in 33 giorni, meno di 12 mesi dopo il mio debutto assoluto in quella che lo scorso anno era per me una disciplina sconosciuta. A proposito, sabato si celebra il “rito” di iniziazione dello Sprint di San Giovanni in Persiceto, lì dove tutto è iniziato: in bocca al lupo a tutti i novizi della Polisportiva Porta Saragozza.

Il coach mi ha portato dentro questo mondo, prima inimmaginabile, fatto di passione, dedizione e solidarietà. Sì perché quando si condivide la fatica, quando si superano insieme le difficoltà si diventa fratelli e sorelle. E’ la lezione dello sport, un insegnamento di cui raramente si fa tesoro e che spiega in maniera molto semplice per quale ragione bisognerebbe investire di più in questo settore e soprattutto nella diffusione della sua cultura tra i più piccoli. Sarebbe un piccolo mattoncino utile alla costruzione di un mondo migliore.

Prendere parte ad una gara importante è bello di per sé ma parteciparvi insieme al coach e a tanti compagni di squadra è il massimo. Domenica mattina, quando siamo entrati tutti insieme dentro l’area di transizione per preparare i cambi avrei potuto avere paura, paura di affrontare una sfida difficile, nuotare nel mare agitato, sentire il freddo in bici e provare dolore durante la corsa. E invece mi guardavo intorno e vedevo le divise giallo blu della nostra amata società, i volti degli amici intenti a non lasciare nulla al caso, sentendo poco a poco tornare calore e sicurezza.

E poi con il tempo si sono aggiunte tante altre persone, ciascuna che in un modo o nell’altro mi sta aiutando a raggiungere l’obiettivo, e tutte incredibilmente riunite a Rimini nello stesso week end. Roberto (la nostra lepre dei combinati in Romagna), Alice (triatleta in erba se possibile più sognatrice e entusiasta di me) con Gus e le nuove scoperte Marco e Davide “Mc”Meda, senza dimenticare la banda di matti Runlovers formata da Big, Martino Tino Mar Pietropoli, Jack e dalla mia psicoterapeuta Anne, che anche se non c’erano era lì con me, senza contare i tanti amici di twitter che mi sostengono (ma soprattutto sopportano). E ovviamente, su tutti, la mia mogliettina paziente e dolce che più di tutti si cucca sveglie ad orari improbabili, mi aspetta a casa quando rientro la sera tardi per completare gli allenamenti, week end di gara in posti dimenticati dalla civiltà, e che per farsi passare le ore in cui sono impegnato in corsa ha persino imparato a fare le foto (quelle di questo post sono sue).

Insomma, senza tutte queste persone accanto a me tutto questo di sicuro non avrebbe la stesso valore.  E poi chiamatelo sport individuale.

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Cosa c’è di più bello di una Tz in umido?

Il mio coach Ironfrankie, un uomo tutto d'un pezzo.

Il mio coach Ironfrankie, un uomo tutto d’un pezzo.

Alice al debutto in mare ha scelto una giornatina tranquilla. Micol si assicura che non imbarchi acqua.

Alice al debutto in mare ha scelto una giornatina tranquilla. Micol si assicura che non imbarchi acqua.

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Senza compagni di squadra non si va da nessuna parte. Qui con Luca all’arrivo in T1 dopo aver pedalato con lui per quasi tutta la frazione.

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L’agognato traguardo


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Ironman 70.3 Lido di Volano

Infreddolito e in preda alla nausea dopo la frazione in bici

Infreddolito e in preda alla nausea dopo la frazione in bici

Una gara che è un allenamento dopo un mese in cui non sono riuscito ad allenarmi con continuità. È stato questo, in sintesi, il senso della prima gara di triathlon della stagione 2013, per decisione del coach il trathlon medio (mezzo Ironman, per capirci) al Lido di Volano, in provincia di Ferrara nel bel mezzo del parco naturale del Delta del Po.

Ho approcciato l’impegno con una certa dose d’incoscienza, e a posteriori dico meno male perchè altrimenti sarei stato molto agitato nei giorni precendenti, e invece, dopo qualche giorno passato a casa dei miei ho avuto modo di trascorrere con Annalisa e qualche buon amico un bel sabato a Ravenna e Ferrara per concentrarmi sulla gara solo al risveglio questa mattina.

Folta la rappresentanza del team Saragozza che oggi ha visto tanti debutti e molte soddisfazioni. Gianmarco ha chiudo in buona posizione con un tempone (5h11′), Jacopo mi ha fatto compagnia durante il difficile finale, Piergiorgio, Angelo e Alberto sono diventati triatleti al termine di una gara per gente tosta, Giulia bella gara. Peccato i ritiri di Frankie (foratura) e Fabio (scivolata) e Claudia fuori tempo massimo.

La gara

Mare piatto acqua calda, pronti via non riesco a nuotare come si deve. Mettevo la testa sott’acqua e bevevo. Sono finito praticamente ultimo finché non mi sono detto che era ora di piantarla con le cazzate e ho cominciato a fare per bene. Recupero forsennato, tra l’altro finalmente gestendo bene l’approccio alle boe (da sopra e poi taglio deciso non come lo scorso anno sempre “scadendo” e dovendo poi fare un sacco di strada in più “in salita”.

Insomma esco in 40′ (il mio “solito” tempo, non oso immaginare cosa avrei fatto senza il problema iniziale. Si vede che ho nuotato tanto nell’ultimo mese) e vado a prendere la bici. La muta nuova è uno spettacolo, venuta via senza problemi. Metto su la giacchina a maniche lunghe e inizio a pedalare.

Ovviamente mi passano in un bel po’, purtroppo in bici in pianura sono pessimo e ancora di più se non mi alleno. Però mi metto lì sul mio passo, regolare 31/32 km/h a parte i tratti con vento contro. Poi inizia a piovere, prima poco poi diventa una pioggia insistente. Cerco di non farmi condizionare, bevo e mangio come un orologio svizzero. Finisco la bici dopo 80 km a 29,1 km/h di media (più corta ma compensata dalla corsa di 23 km) abbastanza indietro ma perfettamente in linea con il mio piano. Ora mi aspetta la corsa e sono tutto ottimista, rimango con il body.

Primo km la solita tortura, al secondo anziché sciogliermi continuo a soffrire. Mi viene in mente che ultimamente ho corso così poco che ora pago a caro la nulla facenza forzata. In più le barrette mi hanno fatto venire una gran nausea, sto decisamente male e soprattutto sono più occupato a ascoltare il tendine che a correre forte. Tampono la nausea con i biscotti secchi dei rifornimenti (ottimi) e sgorgo tutto con un sorso di coca cola molto frizzante. Va meglio, arrivo verso il nono che comunque viaggio bene, poi però crollo.

La sofferenza degli ultimi chilometri nella mezza maratona.

La sofferenza degli ultimi chilometri nella mezza maratona.

Il percorso è principalmente costituito da un rettilineo di 2 km in mezzo alla pineta, completamente infagato, pozzanghere enormi (non vi dico i piedi quanto sono bagnati), rallento rallento fino a 6’/km, gli ultimi 5 devo combattere contro l’istituto di fermarmi, guardo solo le scarpe per evitare di vedere la luce in fondo alla pineta, lontana lontana che non raggiungo mai mentre la pioggia continua a essere battente. Soffro tantissimo ma alla fine ce la faccio (23 km a 5’33″/km, lentissimo): 5h39’11”, 49″ meglio di quanto preventivato.

Quando mi riprendo ho anche un po’ di commozione, sono un mezzo uomo di ferro.