La cosa che mi piace dello stile di vita “attivo” che ho adottato ormai da un paio d’anni è che ogni giorno scopro qualcosa di nuovo su di me.
A volte sono sorprese piacevoli perché riguardano cose speciali che non pensavo di essere capace di fare. Altre volte si tratta di comprendere quanto siamo fragili e esposti alla sofferenza. In tutti i casi sono comunque esperienze che ci fanno crescere, quindi preziose di per sé.
Si muove veloce la campagna sotto le ruote larghe e tallonate della mountain bike. Il cervello sbatacchia contro la scatola cranica e per fortuna che l’ammortizzatore anteriore rende gli scuotimenti tutto sommato tollerabili. Un rivolo di sudore scende dalla fronte, dentro le orecchie il suono del cuore che pompa forte. Strappetto, quadricipiti che producono acido, respiro che si mozza. Neanche il tempo di arrivare in cima, ecco subito la discesa tecnica e guidata, poi giù in fondo occhio al fango che diventa una trappola, su un pignone piccolo per tirarsi fuori da queste sabbie mobili. Se ti distrai sei fregato, l’impatto con il terreno è garantito.
È proprio come vivere, penso, pedalare in fuori strada.