L'era del Ferro

Dal divano alla finish line


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Come preparare la maratona in poco tempo…ma pur sempre in modalità nerd

Quando #TheRunningPitt (trovate qui il suo punto di vista su questa faccenda) mi ha chiesto di accompagnarlo nel percorso di rientro alla maratona è stato normale confrontarsi con il suo PB sulla distanza, e quindi costruire un programma di lavoro che mirasse a abbattere le 2h29’.

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#TheRunningPitt + #CoachTower: combo felice

Come sempre accade però la teoria si scontra con le circostanze della realtà, che per noi si sono tradotte in 4 settimane iniziali (sulle 12 complessive di periodo specifico) a dir poco difficoltose sotto il profilo della continuità dell’allenamento, per ragioni non strettamente sportive.

Insieme abbiamo quindi ripensato all’evento incastonandolo in una logica di lungo periodo, ri-assegnando il cartellino di A Race a Londra (maggio 2018) e cominciando a considerare Firenze come una occasione per ricostruire senza fretta il Pitt “runner da tempo” e come un banco di prova capace di darci riferimenti sensati alla programmazione di Londra. Nessuna aspettativa di tempo, quindi.

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Odi et amo, maratona

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Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento.

Maratona,

sappi che ti odio. Ti odio perché non riesco a sottrarmi al tuo fascino. In un anno in cui avevo le medaglie di tre ultratrail, quattro mezzi e un Ironman intero non c’era alcuna ragione al mondo per cui dovessi impegolarmi in questa storia con te. Eppure con il pettorale sotto al naso, come facevo a resistere alla tua tentazione? Continua a leggere


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Fa’ la cosa giusta

“La vera scelta non è mai tra il fare una cosa e il non farla. Ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura”.
(Massimo Gramellini, L’ultima riga delle Favole)

Dopo la mezza di domenica scorsa a Parma mi sono trovato in una situazione bizzarra in cui il mio orizzonte piuttosto ristretto focalizzato su tre gare consecutive (Olimpico di Sarnico domenica 29 agosto, 10K di Padova domenica 2 settembre e appunto Cariparma running il 9) si è improvvisamente aperto davanti a me, come se stessi viaggiando dentro ad una galleria e fuori mi avesse sorpreso una luce abbagliante. Mi sono trovato libero, libero dagli impegni e dalle programmazioni ma allo stesso tempo disorientato dalla mancanza di un obiettivo, una scadenza temporale, un impegno agonistico di quelli che ti spingono ad alzarti la mattina alle 5 per allenarti sapendo che quel giorno entrerai in ufficio alle 09:00 del mattino senza avere idea dell’ora a cui uscirai la sera.

In questa situazione di “indefinitezza” ho capito di non esserci arrivato per caso. Non è da me, malato di programmazione come sono. No è la mia testa che in maniera del tutto autonoma ha deciso di snobbare le gambe, procrastinando l’iscrizione a quella che in teoria doveva essere la ciliegina sulla torta di una stagione impegnativa ma anche piena di soddisfazioni. Alla Maratona di Firenze ci sarei potuto arrivare in perfetta forma fisica e senza dubbio non avrei avuto alcun problema a scendere sotto le 3 ore e mezza, tirando via un bel pugno di minuti al tempo fatto in Aprile a Milano.

E allora, cos’è questa storia che a Firenze non ci andrò? La spiegazione è tanto semplice quanto faticosa da digerire per uno che, come tutti noi che corriamo, vorrebbe sempre e solo andare più lontano e più veloce, senza mai fermarsi, in una progressione infinita. Il punto è che dopo 11 mesi di tabelle, sveglie all’alba o allenamenti notturni, corse primaverili sotto diluvi universali e pedalate estive dentro altiforni, sebbene fisicamente sia in forma strepitosa la mia energia mentale è decisamente in riserva.

Sarà banale ma adesso ho solo voglia di correre e pedalare per puro divertimento. Quando ne ho voglia, quanto ne ho voglia, affidandomi alle sensazioni e senza stressarmi. Certo pensando all’occasione sprecata di spostare ancora un po’ il mio limite, di passare sotto il traguardo di una 42k e sentirmi vivo, pienamente soddisfatto di me stesso, sento in bocca un gusto amaragnolo, di sconfitta e rinuncia. Ma è la scelta giusta.

Dopo due anni di agonismo so perfettamente che se io il 25 novembre andassi a sgambettare in riva all’Arno mi ritroverei a pagare questa decisione per i due o tre mesi successivi, sia per l’esaurimento fisico che per la saturazione mentale. E questo non me lo posso permettere poichè un IM non è uno scherzo e vorrei arrivarci non solo preparato fisicamente ma anche affamato di chilometri.

Qualche volta bisogna avere il coraggio di fermarsi e per farlo, ho imparato, serve molta più forza di quella necessaria a spostarsi in avanti.