L'era del Ferro

Dal divano alla finish line

Su quelli che strisciano al traguardo e su quelli che ci scassano i cabbasisi

2 commenti

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Volevo scrivere un post su quelli che arrivano strisciando in fondo alla maratona, su quelli che li celebrano e su quelli che dicono che farebbero meglio a darsi all’ippica. Su quelli che pensano sia più faticoso correre una 10 km sotto i 40′ che una maratona in 4 ore. Su quelli che l”‘Ironman no tu sei matto” e su quelli che “per lo sprint non vale neppure la pena di cambiarsi”.

Poi ho pensato che per farlo avrei dovuto giudicare gli uni e gli altri, e così facendo avrei replicato la stessa logica di chi vede il mondo solo dal suo punto di vista dimenticandosi che ciascuno è unico e quel che vale per uno non vale per l’altro.

Volevo scrivere un post su quelli che ogni domenica è buona per postare foto con la medaglia e su quelli che macinano una maratona a settimana (e anche meno) in solitudine non per il gusto di farla sorridendo ma per il gusto di farla e basta. Che a volte quelli che ti dicono e ti mostrano che la fanno sorridendo sono più esibizionisti di quelli che postano le schermate del Garmin di ogni uscita. E volevo anche scrivere un post su quelli che a ogni allenamento si fanno una foto e su quelli che invece no sennò interrompono la seduta e il coach si incazza. E uno su quelli che “il coach non mi serve” e quelli che “un coach è troppo per me, tanto sono un pippa”.

Poi ho pensato che io non lo so mica cosa rende più felici gli uni e gli altri, e neppure quali sono i grandi sogni dei super tecnici e dei super casuali. Nel frattempo ho scoperto che tanti a cui non frega niente della medaglia e dei tempi hanno il piacere di sentirsi bene, e che anche se mi diverto tanto a aiutare la gente a limare un secondo dal personale trovo grande soddisfazione nel vedere un non agonista fare la sua uscita domenicale “indaflow”, anzichè “indasofferenza”.

Volevo scrivere un post su quelli che corrono sempre allo stesso ritmo da anni e su quelli che se anno dopo anno fanno sempre più fatica a mantenere il loro passo “record” sbroccano di brutto. Uno su quelli che ti chiedono consigli tecnici e poi ti citano gli articoli online di Albanesi, Massini e Pizzolato, che dicono tutto e il contrario di tutto. E tu hai voglia a dire che le generalizzazioni sono pericolose e bisogna vedere come il singolo reagisce agli stimoli, ognuno a suo modo.

E infine, oh sì proprio infine, volevo scrivere un post sui colleghi che prendono per il culo altri colleghi. Gli uni perché gli altri sono troppo precisi, gli altri perché gli uni scrivono gli allenamenti un tanto al chilo. Ma anche su chi si riempie la bocca di parole che pesano tanto, come lealtà, amicizia, onore, rispetto, Ironman finisher, campione di resilienza, ricchi premi e cotillon. Che a scrivere degli hashtag sotto le foto ci si mette un attimo ma a rispettare il senso di quelle parole si fa più fatica che in una ultra maratona.

Poi ho pensato che non ho nessuna verità in tasca, che invidio molto chi non si pone mai dubbi sulle proprie scelte ma allo stesso tempo anche che mi piace da matti costruire la mia strada ogni giorno insieme a chi ha deciso di lavorare con me, e persino con chi la pensa diversamente ma fa il mio stesso percorso. Lasciando che ognuno con il suo atteggiamento si autodefinisca, e non accontentandomi mai dei risultati ottenuti, perché solo di questo sono sicuro: c’è sempre spazio per migliorarci, c’è sempre cielo per spostare più in alto l’asticella.

p.s. sì lo so che con il titolo vi ho fregato, volevo solo che cliccaste sul link!

 

 

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2 thoughts on “Su quelli che strisciano al traguardo e su quelli che ci scassano i cabbasisi

  1. Direi che hai fatto centro!
    ;p
    Ognuno vive lo sport come preferisce: con agonismo, con menefreghismo, con indifferenza, con coinvolgimento, con stress, con distress, con l’amore per rompere il cazzo al prossimo, con l’amore di aiutare il prossimo.
    Il mondo è vario ed avariato…per raggiungere il Nirvana bisogna semplicemente accettare l’imperfezione altrui e forse anche la propria.

  2. Ottimo post Matteo, anche io sono convinto che una civile tolleranza sia la cosa migliore.
    Credo anche che chi fa uno sport come il nostro abbia l’obbligo morale di spiegare (quando richiesto) che tutto quello che facciamo é il risultato di un allenamento e di tanta forza di volontà.

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