Ciao eradelferro, è un po’ che io e te non ci frequentiamo.
Sì lo so, ti sei sentito messo da parte. E in effetti hai ragione, ti ho abbandonato.
Quando sei nato, più di quattro anni fa, la mia vita era un po’ diversa da come è ora. Intendo che era davvero un’altra persona. Di quelle serie, con un lavoro rispettabile, in una azienda che quando la sentono tutti fanno “ma proprio quella lì dove fate quelle macchine rosse?” – si quella, con una posizione anche piuttosto invidiata, anche se poi di questo me ne sono sempre strafregato.
Ti usavo, allora, per ristabilire equilibrio nelle mie giornate, per affermare che ero altro rispetto al marchio cucito sul petto, che non era per quella storia su cui poggiavo a riuscire a fare bene il mio lavoro, ma che era la mia storia personale, quel che ci mettevo, a rendere possibile la realizzazioni di tante missioni difficili.
E’ con quello spirito che ho affrontato i 12 mesi di preparazione ad Ironman Florida, un viaggio che si è mischiato con il dolore della malattia di papà. Un viaggio che abbiamo percorso insieme, tutti, con il racconto quasi quotidiano di un neofita assoluto, anche molto ingenuo, che alla fine è riuscito a fare quel che voleva e poi molto di più di quanto avesse mai immaginato possibile. Con i suoi tempi, certo mediocri, ma in fondo questa è diventata una filosofia di vita: chissenefrega dell’assoluto, in fondo rispondiamo a noi stessi ed è lo specchio quello che dobbiamo guardare la mattina, non il prato del vicino.
E dopo la prima medaglia ne è arrivata un’altra, e poi un’altra ancora e con lei quel 10 ore e 49 minuti che oggi è il muro che cerco di abbattere. E sono arrivate anche le delusioni per gli assalti falliti, e la tristezza per i cattivi pensieri di qualcuno – perché tanto quelli che godono dei fallimenti altrui ci saranno sempre, bisogna farsene una ragione, ma anche avventure pazzesche come la Maratona delle Dolomiti corsa 7 giorni dopo IM Austria, una World Series Otillo in Engadina con finish line strappata ad un cut off time per 20 secondi. O gli ultra-trail, che solo io so quanto odio l’ultima ora dopo nove, dieci, dodici ore di corsa.
Ed è anche colpa tua, mio caro eradelferro, se la passione ha preso il sopravvento, e la voglia di fare qualcosa che fosse totalmente mio mi ha fatto intraprendere una nuova strada, di quelle che quando dici “ho lasciato quel posto dove fanno le macchine rosse” ti danno del matto. Se non peggio. Che lavoro fai? mi chiedono ora. Io uso un gran giro di parole perché se rispondessi “il metodologo dell’allenamento” metà non capirebbero e l’altra metà riderebbe.
“Se rinasco faccio il fisiologo” ho detto una volta alla persona che mi ha accompagnato sul nuovo sentiero, pensando a Inigo Mujika. “E cosa ti impedisce di farlo in questa?” mi ha risposto. Niente a dire la verità, a patto di aver voglia di non smettere mai di studiare, mettersi in discussione e anche tornare a affrontare paure e sfide che pensavi di aver archiviato per sempre, vent’anni fa.
Ti avrei anche lasciato qui, in compagnia di tutti quelli che ti visitano dopo aver googlato “tabelle ironman”, se non fosse che qualcuno dalle parti di Cuneo per l’ennesima volta mi ha dato fiducia, coinvolgendomi in un progetto bellissimo che fa esattamente quello che ho scelto di fare io nella vita, ovvero diffondere la cultura dello sport in Italia. Non certo per le mie prestazioni e forse anche meno per la sensatezza di ciò che scrivo, Asics mi ha inserito tra i suoi Frontrunners italiani, probabilmente per una certa idea di sport che abbiamo in comune, fatta di passione e etica, tanto quanto di divertimento e gratificazione.
Tornare a scrivere qui però non avrebbe senso se fosse semplicemente la ripetizione di quanto già fatto. I tempi cambiano e se non altro l’ingenuità si trasforma in senso di appropriatezza. Si certo continuerò a raccontare in che cavolo di nuovo guaio sportivo mi sono cacciato, ma è giunto il momento di spostare l’attenzione verso qualcos’altro.
Dalle circa 50 persone di cui mi occupo oggi tra atleti individuali, progetti corporate e di asd, ogni giorno imparo qualcosa. Non sono tutte storie facili, non sono tutte storie con il lieto fine. Eppure posso dire con certezza che sono tutte esperienze che vale la pena di condividere, che aiutano a crescere. Storie di tutti i tipi, di vittorie e di sconfitte, di zone comfort scavalcate e muri contro cui ci si è schiantati. Storie di pazienza ripagata e di sciagurate svolte non meditate, storie di tradimenti, di rivincita, di sofferenza, di tentativi di divisione e di unione fraterna. Tutti però di sicuro sono percorsi di cambiamento, perché la vita è una, e finché la musica suona fermarsi significare perdersi, e non semplicemente perdere come sarebbe più banale concludere.
Bentornato a casa.
aprile 11, 2017 alle 6:38 am
Bentornato. Questo post “umanissimo e di ferrissimo” insieme. 🙂
aprile 11, 2017 alle 6:46 am
😉 ciaoooo