Come si fa a raccontare una gara che dura 13 ore e 40 minuti? Non si può, intanto perché non mi ricordo nel dettaglio i vari passaggi e poi, soprattutto, perché diventerei tremendamente noioso.
Basti sapere, dunque, che quello di ieri è stato il mio terzo Ultra Trail del 2015, fatto ancora una volta assolutamente da impreparato essendo le mie energie dedicate a Ironman Barcellona. Basti sapere che Cima Tauffi è una corsa già durissima di per sé (dichiarati 60 km, 4000 m D+), che a parte i chilometri di salita è un trail praticamente non-corribile causa fondo super tecnico, e che ieri le condizioni meteo erano terribili causa caldo mostruoso persino a 2000 m di quota.
E’ anche, cosa più importante, il trail con il percorso più bello che abbia mai visto finora, con gran parte del tracciato sul crinale dell’Appennino modenese. Correre costantemente oltre quota 1500, in equilibrio su un sottile spazio di terra appeso nel cielo (e che cielo, azzurro denso da sembrare sciroppo) è una di quelle esperienze che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita.
Mi piace definirla “distillato di libertà” perché quando sei lassù, contano pochissime cose: integrità fisica, quanto basta per alimentarsi e idratarsi, e la granitica certezza che anche questa volta arriverai in fondo. Libertà è prima di tutto togliersi di dosso tutte le sovrastrutture, i giudizi, il conformismo che la società in cui viviamo richiede perché un individuo sia “integrato” o “accettato”. Libertà è eliminare tutto ciò che è superfluo per scoprire che si può essere felici con poco, libertà è arrivare a un ristoro semi disidratato e con un principio di colpo di calore e pensare che la vita è stupenda solo perché puoi addentare un’anguria fredda (già tagliata) e sentirsi rinascere semplicemente grazie alla miscela di acqua e zuccheri.
E pensare che a me l’anguria (anzi la cocomera, come si dice in Romagna), non è mai piaciuta.
Nota tecnica: Dopo aver raggiunto la prima vetta, il Cimone, mi si sono inchiodate le gambe, sono finito in coda al gruppo e ho seriamente meditato di ritirarmi. Non so cosa sia successo se non che era doloroso persino respirare, figuriamoci muovere le gambe. Mi ha salvato solo l’esperienza (stessa crisi di Ultrabericus ma almeno lì sapevo che era arrivata per il ritmo troppo elevato) e il mantra inventato lì per lì “puoi gestirla, stai calmo. Hai tu il controllo”. Cose che servono, anche nella vita di tutti i giorni.