Le concessioni che siamo disposti a fare rivelano l’importanza che diamo a una cosa
(cit Kilian Jornet)
E’ tanto che non scrivo qui e potrei elencare un sacco di buone ragioni per cui ho trascurato il blog: perché ho lavorato tanto, perché scrivo anche per theageofsport.it, perché il Team Spartans cresce e allenare così tanta gente, mica solo i debuttanti all’Ironman Spagna, è impegnativo, e via discorrendo. La verità però è più concisa e anche cruda: non avevo niente da dire. O meglio, nulla da dire che mi stesse veramente a cuore.
Al termine di una stagione faticosa (qui il racconto dell’ultima gara del 2014, Ultratrail del Cinghiale) e alle prese con l’inizio di quella nuova (qui il racconto del Lepre Bianca Winter Trail e qui della settimana di training sulle Dolomiti) insieme alla progettazione della Spartans to IM Barcellona (qui il bilancio del mese di Gennaio con qualche indicazione strategica) avevo un po’ perso il “sacro fuoco” che uno dovrebbe sentire dentro quando si allena, che è poi lo stesso che ti fa essere appassionato.
Non che la progressione negli allenamenti non mi abbia reso felice, compresa un’ottima Mezza Maratona di Verona e questo week end un combinato lungo con i controcazzi, ma la vera svolta è arrivata inaspettatamente la scorsa settimana mentre bevevo un caffè con un collega che a tradimento mi spara la classica domanda: “ma perché lo fai?” Che uno lì per lì è pronto a snocciolare tutta la serie di ragioni per cui si ammazza di fatica ogni santo giorno ma in un istante ho realizzato che la risposta era molte semplice: perché nulla mi fa sentire così felice come scoprire che sono capace di fare una cosa difficile!
Chiaro, sintetico, non interpretabile. E’ bastato disseppellire questa consapevolezza per ritrovare l’entusiasmo smarrito e ricominciare a allenarmi perchè “ho voglia” e non perchè “devo”, tornando anche a scrivere qui, dove ho sempre riversato il Matteo più autentico, mettendomi a nudo nelle mie debolezze e totale mancanza di modestia, ma almeno sempre tirando fuori pensieri e sentimenti brucianti. Ero anestetizzato e ho smesso di scrivere così come di soffrire in allenamento e in gara. Non mi ricordavo più quale fosse il senso di uscire la notte a correre al buio sotto la pioggia, alzarmi la mattina presto per infilarmi in piscina (che fatica mettere fuori il piede dal letto) e pedalare in mezzo alla nebbia per completare il lungo del week end. E invece il senso c’è, è sempre stato lì ed è sempre stato lo stesso: dream, decide, design, do. E’ quello che dico sempre ai miei atleti ma un conto è dire e tutta un’altra storia è fare.
E allora andiamoci a prendere questa stagione 2015 con più determinazione che mai, perché stavolta la sfida è doppia, anzi tripla: far finire un Ironman agli Spartani debuttanti, concludere la Courmayeur – Champex – Chamonix e 6 settimane dopo andare a Barcellona per chiudere in 10h30′. Prossima fermata Ultrabericus il 14 marzo (65 km e 2500 m D+), dai che ci divertiamo!