L'era del Ferro

Dal divano alla finish line


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Stile libero, non si finisce mai d’imparare

Nel settembre del 2011 di fatto non ero in grado di nuotare a stile, tantomeno completare più di 500 m di fila. Riuscivo a galleggiare, punto e basta.

Gli infortuni (3 in 2 anni) nei tentativi di preparare una maratona (poi fatta e solo grazie alla formula 3 corse + 1 bici + 1 nuoto) mi hanno costretto a entrare in acqua (che odiavo) e impegnarmi ad imparare.

Ho cominciato dalle bollicine, dopo 9 mesi (non ci avevo mai pensato, il tempo che serve a fare un bambino) ho fatto il mio primo sprint, poi olimpici e qualche settimana fa, poco più di un anno dopo il mio battesimo natatorio ho completato per la prima volta 5 chilometri consecutivi in 1h49′ (passaggio ai 3,8k dell’Ironman in 1h23′) . Non è un gran tempo ma la distanza diciamo che è seria.

Non è stato facile, all’inizio era più l’acqua che bevevo rispetto a quella che rimaneva in vasca e ci sono state tantissime volte in cui ho terminato gli allenamenti senza la percezione del seppur minimo miglioramento. Mi ha però aiutato tantissimo trovare un coach di nuoto (Salvatore, che mi ha salvato per davvero dal fallimento e dall’inettitudine, grazie) e un gruppo di persone (che poi sono diventati amici con la A maiuscola) con cui lavorare, tutte più veloci di me. Appuntamento fisso due volte a settimana, corsia riservata ma riempita con 7 persone in modo da simulare al meglio le condizioni di una gara (compresa la cosidetta “tonnara” allo start).

A oggi, nuotare in un ribollio di acqua, prendere pedate, restituire gomitate, ideare strategie di taglia fuori sulle traiettorie e rimanere a galla mentre qualcuno tenta di passarti sopra sono capacità acquisite. E’ un concetto un po’ esteso di “nuoto”, effettivamente. Ho ancora tantissimo da imparare anche se a furia di insistere qualche miglioramento si vede. Alla fine della scorsa stagione il mio passo gara era di 2’00″/100m, vedremo al prossimo test se le buone sensazioni saranno suffragate dal cronometro.

Intanto c’è da dire che in questo sport conta sì la forma fisica ma ancora di più la tecnica. Anzi, dai consigli raccolti in questi mesi da nuotatori agonistici, altri triatleti e istruttori emerge che è bene sacrificare un po’ di spinta in favore di una maggiore efficienza (power vs. drag). Solo recentemente mi sono reso conto che lo stile che adottavo era decisamente poco efficiente: prima ho messo a posto le gambe (da usarsi pochissimo sulle lunghe distanze pena sfiancarsi a fronte di un aumento di velocità contenuto) e poi la bracciata, prima troppo stretta e profonda e ora grazie al gomito tenuto ben alto e largo più superficiale ma soprattutto decisamente meno “frenante”. Importante anche il completamento della spinta e il controllo in fase “aerea” per un ingresso in acqua il più ampio ma anche dolce possibile.

C’è un video che al proposito mi hanno illuminato e quindi lo metto qui, a mia futura memoria…e di chi ne ha bisogno.

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